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LE SCUOLE E GLI EBREI (*)
di Piero Morpurgo 

Le abilità linguistiche e l’ obbligo di studiare

Inoltre impressionava il livello elevato delle competenze linguistiche del mondo ebraico: il fatto era stato rilevato nell’ 846 quando Ibn Khurdhadhbah nel Libro delle Rotte e dei Regni descrisse le qualità dei mercanti ebrei Radaniti che mettevano in contatto la corte carolingia con i mercanti orientali; di questi commercianti disse che: "... parlano, arabo, persiano, romano, francese, spagnolo, slavo. Essi viaggiano dall’Est all’Ovest e dall’Ovest all’Est, per terra come per mare ...".

I risultati di questi viaggi si tradussero spesso in attività commerciali ben organizzate: nel 973 un arabo che visitò Magonza rimase incantato dalla quantità di spezie che gli ebrei erano stati capaci di importare e raccontò anche di aver visto una moneta coniata in uno stato dell’Asia centrale.

Sono questi gli anni in cui la diffusione della cultura ebraica è fortemente indebitata all’affermarsi della civiltà ispano-musulmana ove affluirono migrazioni di ebrei orientali che vi portarono le tradizioni talmudiche fiorite in Egitto e a Kairouan (Tunisi).

Poco tempo dopo -nel 1170- Yosef Qimhi esaltava l’attività di studio e il rispetto delle leggi degli ebrei contrapponendoli al disordine dei cristiani. Infatti il filosofo ebreo nel Libro della Alleanza polemizzava contro i cristiani sostenendo che:

"...Tra gli ebrei l’ oppressore e il ladro non sono così diffusi come tra i cristiani che derubano la gente per la strada, li rapiscono e talvolta gli cavano gli occhi.

Gli ebrei e le ebree sono modesti nelle loro azioni. Educano i loro figli, dalla più tenera infanzia alla maturità, agli insegnamenti della Torah e qualora essi pronuncino qualche parola infame vengono subito picchiati e puniti affinché non imprechino più...".

Questo impegno educativo è testimoniato dalla vasta rete di scuole talmudiche che furono fondate in un gran numero di città della Francia tra cui Reims, Rouen, Parigi, Troyes, Auxerre, Sens, Melun e Orleans. In particolare Golb ha rilevato che, non più tardi del secolo XI, nel Nord Europa le comunità ebraiche di diverse città stabilirono un ‘protocollo’ per raggiungere livelli elevati di cultura sollecitando il sostegno economico delle istituzioni cittadine.

Il documento è stato tramandato con la denominazione di Antiche Regole per lo Studio della Torah che sono tradite da una copia manoscritta risalente al 1309 (Oxford, Bodleian Library, hebr. 873, cc. 196-199). Il testo prescriveva l’obbligo di istituire un midrash o una casa di studio per ogni comunità e prevedeva una tassa per tutti gli ebrei affinché potessero essere finanziate le accademie e i loro studenti e perché si potesse provvedere agli stipendi dei maestri e dei traduttori così come all’acquisto dei libri. Si invitavano inoltre gli insegnanti a esporre testi scritti e a sollecitare le domande degli studenti.

D’altronde Ivan Marcus ha messo in luce come la dedizione ebraica nell’insegnare a leggere e scrivere fu tale da ricorrere a una didattica del tutto particolare. L’iniziazione agli studi aveva un ‘rito di passaggio’ del tutto particolare: all’età di cinque anni i bimbi e le bimbe venivano invitati a ‘gustare’ i simboli dell’alfabeto scritti con il miele nell’auspicio che analoga dolcezza fosse ritrovata nella lettura della Torah. In particolare nel medioevo germanico come in quello francese il maestro invitava prima a recitare ad alta voce l’alfabeto (dall’inizio alla fine e viceversa) e poi a leccare le tavolette o la pergamena ove le lettere erano state cosparse di miele; in altri casi all’allievo si offrivano da mangiare uova sode decorate con l’alfabeto o biscotti a forma di lettere. Di questo avviso era anche il rabbino Simha di Vitry che, nel sec. XII, esortava i genitori a rassicurare il figliolo alla gioia degli studi "perché è necessario sedurre immediatamente il piccolo agli studi anche se poi la sua schiena conoscerà la bacchetta".

Il piano didattico era ben delineato nelle Leggi dell’Apprendimento ove si legge che: "Quando un giovane raggiunge l’età di cinque anni il padre dovrà affidarlo a un insegnante affinché il figlio inizi ad apprendere dal primo del mese di Nisan (aprile)... .

Il genitore dovrà stipulare con chiarezza il programma degli studi in questo modo: ‘Vi avviso che voi dovrete insegnare a mio figlio a riconoscere le lettere nel primo mese, e le vocali nel secondo, e nel terzo la combinazione delle lettere in parole. In seguito il ragazzo dovrà dedicarsi allo studio del libro del Levitico".

Ancor più dettagliata è la programmazione didattica di Joseph Ibn Kaspi (1279-1332) che lasciò una lettera testamento al dodicenne Salomon:

"Figlio mio fai attenzione alle mie parole ora che tu hai dodici anni. Ancora per due anni ti dedicherai allo studio della Bibbia e del Talmud. Quando avrai compiuto l’età di quattordici anni continuerai a studiare queste materie e consacrerai gran parte del tempo agli studi delle matematiche. Tu comincerai con ilLibro dei Numeri’ di Abraham Ibn Ezra; poi tu studierai Euclide e al Farghani e il libro sul calcolo dei moti delle stelle di Abraham bar Hiyya. Ti concentrerai per un po’ di tempo sui trattati di morale che sono: il ‘Libro dei Proverbi’, l’ ‘Ecclesiaste’ e il ‘Trattato dei Padri’ (Pirqe Abot) quest’ ultimo con la prefazione e il commento di Maimonide; dovrai poi accostarti al libro ‘Madda’ di Maimonide. In seguito tu prenderai l’ ‘Ethica’ di Aristotele di cui ho redatto un compendio e quindi un altro volume che non si trova più tra di noi che è il ‘Libro dei comportamenti morali dei filosofi’... Per tutto ciò tu impiegherai due anni. All’età di sedici anni tu programmerai alcune ore per occuparti della Bibbia, del libro di Isaac Alfasi e della Mishna Torah di Maimonide. Cosicché quando tu avrai diciottanni dedicherai il tuo tempo alle scienze che ti ho già menzionato e vi aggiungerai lo studio delle scienze della natura (la Fisica) per altri due anni . Raggiunti i vent’anni ‘costruisci la tua casa’ (ammogliati).

Non allontanerai mai la mano dai libri di filosofia; cominciando dalla metafisica per poter conoscere quella di Aristotele e dei suoi discepoli e la ‘Guida dei Perplessi’ di Maimonide".

Nel contesto culturale europeo del sec. XII il mondo ebraico appare dotato di una grande versatilità linguistica giacché ai ragazzi ebrei veniva proposto anche l’insegnamento del latino e delle lingue volgari: lo testimonia Rashi (1040-1106) che fondò un centro di studi a Troyes e questa attitudine alla didattica delle lingue è ancora presente nel 1436 ad Aix en Provence dove un giovane ebreo viene spinto a studiare il latino dalla nonna che gli promette di lasciargli in eredità i suoi libri.

Il tutto sta a testimoniare l’attenzione con cui gli ebrei seguivano la formazione delle abilità nello scrivere e nel leggere dei loro figlioli. E’ questo un particolare che appare costante in tutta l’ Europa medievale, benché nelle valli del Reno fosse più forte l’interesse per lo studio del Talmud che non quello per la filosofia. Rilevante era comunque lo spirito di collaborazione tra le diverse comunità ebraiche e il sostegno economico offerto a quanti erano in condizioni economiche disagiate.

Questo spirito di dedizione alla cultura è stato rilevato, sia da Sir Richard Southern sia da Susan Reynolds. Si consideri pure che la storia di questo periodo dimostra una continua ansietà e una insicurezza intellettuale della cultura cristiana dinanzi all’organizzazione culturale delle comunità ebraiche: il dubbio che si poteva insinuare tra i credenti era un fattore di profonda preoccupazione. Il tutto era aggravato dal fascino pericoloso che esercitava una efficiente organizzazione culturale.

 

(*) Tratto dal libro, Le Scuole e gli Ebrei di Piero Morpurgo, di prossima pubblicazione. L'articolo è stato pubblicato su Educazione e scuola alla pagina http://www.edscuola.com/archivio/didattica/scuolebrei.html

 

  

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