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Hilda Gilardet, Aspetti cognitivi della didattica di laboratorio

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LA MUTUA COSTRUZIONE DELL'IDENTITÀ

 Quando ci si interroga sui Vichinghi, come in questo caso - ma il discorso potrebbe valere per qualsiasi altra popolazione o per le generazioni di poco precedenti - i ragazzini, che sono persone sensate, sono interessati non tanto a sapere se quelli sapevano cucinare o non sapevano cucinare, ma chi erano, che persone erano, qual era la loro umanità, fino a che punto erano come noi e fino a che punto erano diversi. E infatti nei gruppi ci si interroga su aspetti che non erano stati oggetto di domande e che sono molto più pregnanti.
Uno di questi è rappresentato dal linguaggio: come comunicavano tra loro?

 Esempio 6. Come facevano per capirsi?

1. Paolo: posso dire una cosa?

2. (... ) [breve pausa]

3. Paolo: come facevano per capirsi?

4. Filippo: dalla figura mi pare che per capirsi forse diciamo facevano gesti

5. Paolo: no secondo me non facevano dei gesti perché loro, diciamo che parlavano, avevano anche loro una lingua. Secondo me loro si capivano attraverso la lingua, non è che si facevano dei gesti. Non è che vedi un paio di coma o qualche altra cosa, quindi avevano una loro lingua.

 Nell'introdurre la sua domanda, Paolo è consapevole che si tratta di una questione che esula dalle richieste del compito: il suo modo di far precedere il nuovo argomento con la richiesta posso dire una cosa? è infatti tipico.
La lingua è un segno di umanità, di civiltà, per tutti gli esseri umani. I bambini pensano che i Vichinghi siano un popolo molto primitivo, quindi diventa importante stabilire quale grado di civiltà vada loro riconosciuto, e appunto discutono di questo.
Un altro indicatore di umanità è la pulizia, l'igiene. Uno dei pregiudizi comuni è che i popoli o i gruppi che noi consideriamo inferiori siano sporchi. Nello scambio seguente, i bambini affrontano questo problema.

 Esempio 7.- Erano o non erano puliti?

Valentina: io da quello che ho visto i Vichinghi non mi sembrano tanto puliti, non so come facevano a pulire la casa, come potrebbero fare per pulire la casa?

Elisa: secondo me, non so, potrebbero fare con alcune di queste pezze che stanno qua per terra, secondo me, poi non so se è giusto

Fabio: in effetti hai ragione un po' Valentina. Non erano molto puliti. Comunque un bel po' puliti erano perché erano poveri.

 Anche qui viene introdotto nella discussione un problema nuovo, ma a differenza dell'esempio precedente, l'argomento viene proposto tramite un'asserzione e una domanda conseguente, e quindi con un invito ad esplorare questo aspetto. E di nuovo viene attuato uno sforzo congiunto per arrivare ad una conclusione. E' interessante notare che, mentre Elisa fa ricorso alla convenzione di appellarsi all'immagine come base per stabilire qualcosa, Fabio usa un criterio di giudizio diverso: pur accettando che per i nostri standard i Vichinghi non sono puliti, adotta una prospettiva relativista che tiene conto della loro povertà, dimostrandosi così sensibile alla necessità di contestualizzare storicamente gli aspetti considerati.
Del resto lungo tutto il loro lavoro i diversi gruppi hanno il problema di collocare i Vichinghi nel tempo e nella storia da loro studiata fino a questo punto (sono all'inizio della quarta e hanno appena finito di studiare la civiltà romana).
L'assunzione implicita che i bambini fanno è che i Vichinghi siano un popolo molto primitivo, cosicché tutte le prove delle loro capacità vengono apprezzate e segnalate linguisticamente: i bambini non dicono mai "sapevano fare... questo o quest'altro" ma sempre "sapevano già fare - - - ". Man mano che, con il procedere dell'attività, scoprono nuove abilità e capacità, anche i Vichinghi diventano una popolazione sempre meno rozza, per la quale un gruppo conia l'appellativo di "maniabili" e che viene apprezzata per la sua creatività, come dice Andrea:

 "secondo me avevano molta creatività, perché questo lampadario che c'è nella figura è molto avanzato, sofisticato, anche quel camino è molto sofisticato per quei tempi. Erano intelligenti perché già sapevano che il fuoco deve stare qui sotto, così non si brucia la casa; anche perché la legna va messa in un certo modo per fare il fuoco, si vede qui; poi anche perché ci stanno dei piatti di legno scavati, che a quei tempi era una cosa molto sofisticata. Loro erano quasi come noi."

 Andrea, come Fabio nell'esempio della pulizia, valutando l'abilità dei Vichinghi nel maneggiare il fuoco in relazione ai tempi in cui essi hanno vissuto, riesce a colmare almeno parzialmente il divario tra noi e loro. I bambini - come del resto il senso comune - pensano che essere vissuti indietro nel tempo equivale ad una serie di meno: essere meno intelligenti, meno capaci, meno umani.
La strada seguita da Fabio - in un altro gruppo - è diversa. Prima paragona uno stesso artefatto - la casa - in due periodi diversi:

 "Vorrei dire insomma questi erano molto avanzati, anche se sono vissuti molti anni fa, diciamo che erano molto avanzati nell'intelligenza perché vedo che questa casa è quasi come le nostre, quasi insomma; la struttura di base forse no, però tutto il resto forse sì."

 Poi, anche se un po' confusamente, riconosce ai Vichinghi una capacità in qualche misura superiore alla nostra: loro sono direttamente responsabili della propria sopravvivenza a differenza di noi che siamo inseriti in un'organizzazione sociale che ci garantisce:

 "non è che sono tutti quanti i Vichinghi, poi voglio dire soltanto, cioè insomma, non è che siano tanto ricchi come alcune persone, per esempio quelli..., noi insomma. Sono quelli che si costruiscono da soli i vestiti, cioè che si procurano il cibo, che fanno una vita, che la vita se non ci pensano loro possono benissimo morire."

 Come in ogni impresa di tipo storico, ad essere in gioco qui non è tanto e solo la comprensione dell'altro - dei Vichinghi o dei predecessori più immediati - ma la costruzione della relazione tra "noi" e l'altro. Solo all'interno di questa relazione, infatti, è possibile arrivare a definire e a comprendere gli uni e gli altri. E' in questo senso che la storia, l'apprendimento storico, risponde al bisogno profondo di costruire la propria identità collettiva, di individui che appartengono ad una collettività che si situa e si colloca rispetto ad altri gruppi umani, vissuti in altri tempi e in altri luoghi.
Attività come quelle descritte in questa ricerca hanno il pregio di consentire ai ragazzi di esplorare liberamente queste dimensioni, di interrogarsi su "noi" mentre cercano di valutare il grado di civilizzazione e di intelligenza degli "altri" e di oltrepassare le richieste del compito, cioè l'elenco delle abilità dei Vichinghi ricavato dai dati inferibili dalla fonte.
D'altra parte, questo è stato possibile proprio grazie al fatto di essersi impegnati a fondo nella soluzione del compito: nell'aver dovuto affrontare i problemi posti dall'ambiguità della fotografia, dalle sue peculiari relazioni con il tempo, dai suoi stessi limiti come fonte storica, e nell'aver dovuto risolvere il contrasto tra l'esigenza di fare generalizzazioni, imposta dal discorso storico e da loro interiorizzata, e i vincoli posti dalla rappresentazione di un ambiente particolare. Tutti questi problemi infatti hanno prodotto altrettanti conflitti socio-cognitivi che hanno richiesto una intensa attività argomentativa da parte dei bambini per sostenere ipotesi ed ingerenze. E se è vera l'ipotesi di Vygotskij che il ragionamento individuale è il risultato di una capacità di discutere acquisita nel contesto di scambi reali con gli altri e poi interiorizzata, dobbiamo riconoscere che contesti di apprendimento di questo tipo costituiscono dei potenti "ambienti per imparare a ragionare". O, per dirla con altre parole, per acquisire quelle capacità critiche che tradizionalmente vengono poste come obiettivo dell'apprendimento storico.
Il fatto di lavorare in piccoli gruppi, d'altra parte, ha funzionato da sostegno per i singoli: e questo può anche spiegare perché dei bambini delle elementari siano stati in grado di raggiungere dei livelli di prestazione complessivamente alti, che, secondo diverse ricerche, non sono raggiunti neanche da molti ragazzini di scuola media, soprattutto se lavorano individualmente.
Nella misura in cui il laboratorio garantisce attività condivise di lettura e interpretazioni di fonti storiche, offre il supporto necessario per guidare la raccolta dei dati mediante consegne di lavoro ma permette anche un'esplorazione libera, e, soprattutto, nella misura in cui il laboratorio costituisce un contesto sociale in cui è permesso lo scambio e la discussione tra ragazzi esso è uno strumento irrinunciabile dell'insegnamento-apprendimento storico: il luogo che può far "entrare" effettivamente i più giovani nel mondo della disciplina, dove si costruiscono conoscenze storiche e si praticano le procedure peculiari della disciplina.


 

 

 

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