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Maria Teresa Sega, La storia scritta con la luce. La fotografia come fonte  

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UN METODO DI LETTURA DEL DOCUMENTO FOTOGRAFICO

Ma vediamo di sintetizzare alcuni punti e fissare alcune categorie per una metodologia di lettura del documento fotografico.
Innanzitutto vi sono più piani di lettura di un'immagine fotografica: il piano dell'informazione (le informazioni sul contenuto che si possono ricavare al di là dell'interpretazione dell'autore); il piano della rappresentazione (le informazioni di carattere culturale e ideologico che rimandano a convenzioni e codici); il piano dell'autorappresentazione (l'analisi di come il soggetto, consapevole, si pone nel momento in cui diventa oggetto). Nell'analisi questi tre piani vanno affiancati e intrecciati per poter comprendere anche le relazioni tra rappresentazione e autorappresentazione, realtà e rappresentazione.
È importante, analizzando un'immagine fotografica, chiedersi che cosa dice ma anche che cosa non dice: risalire ai criteri di scelta che stabiliscono che cosa è fotografabile, che cosa è mostrabile, in rapporto ai valori dell'epoca, dell'autore, del committente, delle classi dominanti o di chi usa e manipola l'informazione. Che la fotografia ci mostri alcune cose per rimuoverne altre ce l'ha già fatto acutamente notare Castel, ma basti pensare come nella nostra epoca sono scomparse le fotografie delle veglie funebri, con i familiari che posano accanto al morto, presenti invece nella cultura contadina. In epoca positivistica si pensava fossero fotografabili la follia e le qualità morali, poiché si riteneva che queste fossero scritte nel corpo con segni ben evidenti e codificati, così come, poco più tardi, si usò la fotografia per diffondere immagini di africani ed ebrei a dimostrazione della loro inferiorità razziale. È importante poi capire che cosa c'è di codificato in un'immagine fotografica che permette di contestualizzarla, in relazione ad altre immagini, nel tempo e nello spazio. Sono soprattutto i generi e i rituali fotografici che usano un linguaggio convenzionale, più o meno ricalcato fedelmente, al quale comunque si fa riferimento sia per uniformarsi, sia per differenziarsi. La convenzione opera in maniera tanto più rigida quanto più l'occasione è ufficiale, in rapporto quindi ai rituali sociali. Si pensi alle fotografie di matrimonio, così come ad altre che fissano nella rappresentazione i riti, familiari e sociali, di passaggio (prima comunione, primo giorno di scuola). La fotografia, che è diventata parte integrante del rito fino a condizionarlo totalmente, è un elemento importante di integrazione sociale. Per evidenziare questo discorso occorre quindi ave visto altre immagini: solo la considerazione della quantità permette i comprendere la rilevanza sociale della fotografia, di comprendere le sopravvivenze, le durate e quindi anche le rotture di certe modalità di rappresentazione che connotano poi continuità e rotture sul piano sia individuale che delle mentalità, del costume, del gusto. Così, se attraverso la fotografia è possibile integrarsi, dimostrare di essere come gli altri, parlando lo stesso linguaggio, questo sarà anche il terreno in cui si collocano il rifiuto del codice, l'invenzione. Ma raramente invenzione e sperimentazione di nuovi linguaggi trovano un punto di contatto con la rappresentazione socializzata, adattata alla comprensione e alle aspettative della società. Produzione d'autore, tesa all'espressione della soggettività, e produzione di massa, con caratteristica di standardizzazione, sono ancor lontane. Finora le storie della fotografia, che sono costruite su una scelta di immagini e di autori, ci permettono di cogliere solo i cambiamenti non le continuità all'interno delle quali questi cambiamenti si inscrivono quelle che a noi appaiono come isole, sono in realtà le cime delle montagne di un continente sommerso.



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