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Patrizia Vayola, La generazione di Carosello. Appunti per un percorso didattico sulla società dei consumi

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LA FINE DI CAROSELLO

Interessante, infine, è anche comprendere, come dice Marco Giusti, chi ha ucciso Carosello.Il programma si conclude infatti nella primavera del 77, in un'epoca ormai profondamente mutata rispetto a quella in cui era nato. Quei vent'anni hanno infatti effettivamente visto l'affermazione, in Italia, della società dei consumi: quando muore, Carosello è ormai superato dai tempi. Sono infatti aumentati a dismisura i prodotti da pubblicizzare e ciascuno di essi vorrebbe accedere alla fascia di visibilità maggiore, che è quella di Carosello; le altre trasmissioni pubblicitarie, infatti, che cominciano a diffondersi già dal ‘62, suscitano molta meno audience di questo programma, il quale tuttavia, con l'ampliamento della fascia oraria delle trasmissioni, che iniziano, dal '68, alle 12,30, ha in qualche modo perso la sua centralità. Si lamenta, tra l'altro anche la Rete 2, nata già nel '61 ma cresciuta soprattutto dalla seconda metà degli anni ‘60, che vede la presenza del programma come una sorta di concorrenza sleale nei confronti della rete minore.

I produttori, d'altra parte, sono sempre più insofferenti rispetto ai vincoli in termini di tempo offerti da questo modo di fare pubblicità. Esigono una maggiore ripetitività, necessaria in un sistema nel quale ormai la concorrenza è diventata troppo forte per sopportare solo passaggi settimanali per ciascun prodotto. Inoltre fanno sentire la loro voce anche ditte minori che non possono permettersi i costi di Carosello ma che hanno l'esigenza, per sperare di catturare una fetta di mercato, di aumentare la propria visibilità. Infine i prodotti del mercato internazionale hanno bisogno di un'immagine standard nei diversi paesi e mal sopportano di dover costruire spot particolari per l'Italia.

Ma al di là delle esigenze dei produttori, è ormai il pubblico che è cambiato: è sempre più insofferente verso una tv pedagogica e più incline ai programmi di evasione e seppure Carosello si presenta come tale, pesa su di lui il fatto di essere figlio di una concezione del fare televisione che vincola anche l'intrattenimento alla dimostrazione di un qualche suo valore educativo. Inoltre, con l'avvento dell'apparecchio portatile, oltre che del tv color, si cominciano a moltiplicare i televisori in famiglia e quindi la trasmissione perde la sua centralità nella vita quotidiana degli italiani: non rappresenta più un momento di unità delle famiglie, non raggiunge più la totalità del pubblico. D'altra parte, nel corso di questo ventennio in pubblico stesso è molto cambiato, si sono create al suo interno diverse sottocategorie di consumatori che rappresentano ormai target troppo differenziati per un programma a vocazione universalista come Carosello.

Neanche la televisione, poi, è ormai monopolio dello stato: con la riforma del '75 e con la conseguente liberalizzazione delle frequenze, cominciano a fare il loro ingresso ufficiale nell'etere le televisioni private: nel '78 Berlusconi comincerà la sua ascesa nel settore con l'acquisto di Canale 5. Le nuove televisioni, prive del canone, si sosterranno sulla pubblicità e questo porterà ad un mutamento radicale del modo di pensare e di fare la televisione: essa diverrà infatti, da fabbrica di prodotti, a fabbrica di ascolti per la pubblicità, ed infatti, non a caso, i primi sistemi di rilevamento degli ascolti si sviluppano in questo periodo.

Infine sono cambiati anche i prodotti ed il loro modo di presentarsi: non è più necessario giustificare la loro presenza ed informare sul loro uso. I prodotti si moltiplicano quanto si moltiplicano i gusti e le esigenze di una società complessa, tanto che ormai, e sempre di più, propagandare una merce non sarà per la casa produttrice una manovra offensiva ma difensiva, pena l'invisibilità della propria produzione. Da ciò deriva la necessità di un nuovo linguaggio che colpisca l'immaginario ben al di là del piacere momentaneo di uno spettacolino piacevole.

Carosello, dunque, dopo aver condotto la pubblicità dal mondo dei bisogni primari a quello delle esigenze, muore quando il mercato dalle esigenze si affaccia ormai sulla soglia del voluttuario, del superfluo: il compito di innescarne e rafforzarne il desiderio sarà di altri programmi e di altri stili comunicativi. E muore tre anni prima che nasca il più grande dei nostri studenti, per loro dunque questo spettacolo fa parte della storia.


 

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