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Aurora Delmonaco, Dove si costruisce la memoria. Il laboratorio di storia

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LE VARIABILI OPERATIVE

Procedere oltre l’avvio significa cominciare a destreggiarsi tra tante fonti diverse, elementi di conoscenza vari, compiendo gesti e costruendo sequenze che possono causare confusione. Per questo è opportuno che nel laboratorio ci si possa muovere, scandendo anche attraverso la spazialità fisica il variare del percorso logico. Ma non basta.
E’ necessario allora fornire ai ragazzi delle piste chiare da seguire, rappresentabili graficamente come griglie in cui ordinare la materia, predisponendo i passaggi successivi. Con i docenti ho talvolta incontrato difficoltà ad operare in questo modo perché per molti l’attenzione tende a concentrarsi sui contenuti del discorso, riempendoli delle rilevanze già affermate, riconnettendoli ad altri percorsi di conoscenza secondo le linee della storiografia che si occupa di fatti, di interpretazioni, di problemi di contesto. Per i ragazzi è diverso. Essi fanno molta attenzione al significato dei passaggi operativi, e quando vanno via via apprendendo, acquista una funzione logica all’interno del discorso complessivo, solo quando hanno chiare le coordinate fondamentali entro cui si stanno muovendo.
Determinare queste coordinate significa, ancora una volta, scegliere fra diverse possibilità, fra diversi modelli operativi. Vediamone alcuni, i più ricorrenti.
Poniamo che l’argomento costituisca una realtà sincronica e complessa, con vari elementi e vari fattori. Si può lavorare con un modello selettivo orizzontale, semplice nella sua intuitività ma organico, che consente una classificazione funzionale dei dati. E’ una griglia empirica che distingue gli aspetti specifici della realtà umana di cui la storia si occupa e che fanno parte dell’esperienza vissuta. Gli uomini, infatti, si insediano in un territorio, che usano secondo esigenze di vario genere; in esso danno vita all’attività economica; in ogni collettività umana l’organizzazione dei ruoli genera forme di rapporti sociali, crea dipendenze che si concretizzano nel potere, e si formalizzano nelle istituzioni; la comunicazione fra gli uomini, in tutte le sue forme e nei suoi contenuti, costituisce il mondo della cultura. Gli indicatori di questa griglia-base, dunque, saranno questi, distinti ma interconnessi in vari modi: Territorio/ Economia/ Società/ Potere e Istituzioni/ Cultura. A partire da questi elementi di lettura primaria si può ricostruire una civiltà, scomponendo i dati e collocandoli secondo i rispettivi indicatori; ciò facilita naturalmente le comparazioni e permette di individuare i mutamenti sul terreno da cui ha inizio. Pensiamo, ad esempio, allo smontaggio del capitolo dal libro di testo in cui si parla della Rivoluzione francese secondo questa griglia, o alle spiegazioni complesse sui problemi posteriori all’Unità d’Italia, o alla guerra dei contadini durante la Riforma luterana affrontati con questo metodo. Ma è solo il primo livello di operatività.
Il secondo procede alla connessione logica dei dati secondo una lettera trasversale. Quali elementi di connessione possiamo individuare fra le caratteristiche di un territorio ed il suo uso economico, fra questo e l’organizzazione sociale, e la cultura, e le istituzioni ? Con quali reciprocità e scarti ? Con quali predominanze ? Con quali punti di rottura ? La costruzione di relazioni di questo tipo è all’inizio molto difficile per i ragazzi, a cui le "cause" e le "conseguenze" vengono in genere sempre spiegate, senza dare quasi mai loro gli elementi per individuarle autonomamente. Ma proprio per questo un lavoro così concepito è un potente liberatore del pensiero e delle sue possibilità. Quando poi lo si faccia con l’aiuto di elementi di concretezza visibili, l’operazione risulta più facile. Superato comunque il primo stadio di difficoltà, si ottiene in genere una forte accellerazione della capacità di muoversi sul terreno della storia. Può sembrare strano, ma i più veloci ad impadronirsi di questa facoltà operativa sono i ragazzini della scuola dell’obbligo, rispetto agli studenti più grandi.
Se l’oggetto del lavoro è invece circoscritto ad una sola sequenza conoscitiva (un evento, un personaggio, un singolo luogo, un particolare già noto),allora conviene usare un modello espansivo, cioè griglie che conducano l’osservazione a gradi diversi di complessità.
Se il punto di partenza è un evento, allora si può predisporre un percorso scandito nelle fasi evento/fenomeno complessivo /rappresentazione. Un singolo episodio di violenza sugli immigrati, per esempio, conduce alla considerazione del fenomeno complessivo dell’immigrazione in generale, quella dei nostri tempi e quella più antica che per noi italiani si chiama emigrazione; ma al di là del fatto economico-sociale, è rilevante il modo in cui il problema viene percepito e rappresentato, con quali livelli di consapevolezza, ed infine come tutto ciò finisca per connotare il fenomeno stesso, fino al singolo episodio da cui si era partiti. Ciò vale per il 14 luglio 1789, per il 25 aprile 1945, per tutti gli infiniti episodi di cui è costellato il percorso scolastico della storia.
Si può invece avere sottomano un soggetto singolo della storia, la sua memoria, la sua biografia, o parte di essa. Il modello allora seguirà le linee soggetto/apparenze/ contesto. Mettiamo che il lavoro abbia individuato la soggettività di Primo Levi. L’appartenenza ebraica può sembrare la più evidente, ma quali altre appartenenze possiamo cogliere in questa particolare biografia? E’ italiano, borghese, colto, maschio, tanto per cominciare. Ognuno di queste appartenenze crea relazioni mediate ed immediate, rende possibile estendere la sua esperienza ad altri, entro il quadro generale di un contesto che apre o chiude spazi di autonomia, creando vincoli entro cui lui, singolo, è costretto a percorrere il suo personale cammino di vita condividendo la storia con un intero mondo sconvolto.
E’ possibile, ancora, che si stia lavorando sulla storia locale, o su parti di essa. Il bisogno di uscire dai limiti territoriali può nascere dalla considerazione che in nessun luogo le determinazioni degli uomini sono compiutamente autonome, e che sollevare lo sguardo dal singolo vetrino dell’indagine permette di vedere più cose quando si torni ad esso. In questo caso si possono usare tutti i modelli operativi già indicati, ed altri ancora. Uno, in particolar modo, mi sembra efficace : è quello che chiamo cronospazio, perché incrocia i parametri dello spazio e del tempo. Immaginiamo di puntare il dito su un’area piccola, finanche molto ristretta, della carta geografica, ed immaginiamo di far scorrere questo punto lungo l’asse del tempo. Incontreremo mutamenti di ogni tipo, tutti verificati nel nostro luogo privilegiato di osservazione. Immaginiamo adesso di considerare l’area in cui esso si inscrive, area politica, sociale, religiosa, economica, o in qualunque modo riusciamo a definire l’omogeneità spaziale. Il nostro punto cambierà posizione nello spazio storico, per quanto le coordinate geografiche siano sempre le stesse. Lo troveremo frontiera e poi centro e poi periferia, e poi isola di storia assediata dai nemici, e poi immerso nella vastità del grande impero multinazionale. E sarà contemporaneamente frontiera economica e centro religioso, e periferia politica ed isola sociale. Questo meccanismo ha la capacità di sciogliere le rigidità concettuali entro cui si costringe la cosiddetta storia generale, e permette di uscire da ogni tipo di concentramento forzato. Direi che costituisce i prerequisiti necessari per uscire dall’eurocentrismo proprio assumendo come campo di analisi il locale, perché permette di espandere lo sguardo fin dove vogliamo, fino alla mondialità.
Questi esempi sono moltiplicabili secondo l’intuizione didattica, l’esperienza storiografica, la fantasia personale di ogni insegnante, ma in linea di massima hanno tutti una caratteristica comune: procedono dal micro al macro, per poi compiere il cammino inverso, dal macro al micro.
Possono anche essere rovesciati, con effetto zoom, riducendo la scala di osservazione a partire dal panorama più vasto per andare alla ricerca del particolare, dell’evento significativo, del soggetto coinvolto nella storia "più grande di lui", per poi ritornare alle dimensioni maggiori carichi di un’altra consapevolezza.
Quando però, in un caso o nell’altro, si toccano punti di massima ampiezza dello sguardo, non ci si può più affidare alla costruzione di sistemi concreti governabili con le sole armi delle operazioni logiche elementari. A quel punto devono entrare in campo non più suggeriti indirettamente, ma chiaramente individuati, i paradigmi storiografici, riconosciuti come tali. Ai più piccoli si dirà : "Dicono gli storici...", ed ai più grandi si offriranno le pagine della storiografia e gli schemi interpretativi nelle loro principali variabili, se il cammino è stato compiuto correttamente, saranno perfettamente in grado di comprenderli e di valutarli.


 

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