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Aurora Delmonaco, Dove si costruisce la memoria. Il laboratorio di storia

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COSTRUIRE UN PERCORSO

Abbiamo fin qui messo in mostra, sull’ideale bancone del nostro laboratorio, una quantità di strumenti e di materiali con cui potremmo eseguire il nostro compito. Vediamo adesso in quale modo si possa procedere per disporre un piano operativo.
Il punto di vista da cui dobbiamo muovere non è quello degli storici, né quello di chi propone le elaborazioni didattiche, ma è quello di coloro che dovranno compiere materialmente il lavoro, cioè i ragazzi.
Il che equivale a stabilire, poiché ogni argomento affrontato in laboratorio rappresenta un percorso di ricerca, quali domande dei giovani potrebbero trovare risposta su quella particolare pista. Il fatto è che il laboratorio non è un'officina storiografica, né uno spazio scenico in cui si riproduce la parte dello storico imitandone le mosse e le parole. E’ il luogo in cui il passato entra nell’orizzonte di senso di chi, lavorando su cose lontane, opera su se stesso.
Occorre dunque trovare la motivazione che spinge ad inoltrarsi su quel particolare terreno dal punto di vista di chi compirà il cammino. Mi spiego ancora con qualche esempio.
Un’unità di lavoro, su cui hanno lavorato molte classi, si occupa del tema dell’altro. Il punto di partenza è dunque la definizione del razzismo. Ognuno scrive su un foglio la sua particolare accezione del termine, si confrontano i pareri, si rilevano le concordanze ed incongruenze, si costruisce un grafico concettuale, si definisce un’ipotesi per il lavoro, che dovrà verificarla come assunto complessivo, mentre ad ognuno spetterà alla fine di rivedere il punto di vista da cui era partito.
Un’altra unità di lavoro si occupa della Costituzione italiana. Il problema iniziale è "Ognuno di noi crede di avere dei diritti Quali sono ?". Anche qui, a partire dai vari approcci-stimolo secondo il livello di scolarità, il discorso comincia dallo sforzo di mettere a fuoco un problema che fa parte del vissuto, con una prima provvisoria conclusione che costituirà il punto di verifica dell’intero percorso.
Oppure (il laboratorio è a Napoli), il tema del 1799 giacobino comincia con una proposta di giudizio sul malessere di questa città, e sul "Si dovrebbe..." che inevitabilmente ne scaturisce. Il percorso viene presentato come un confronto del presente con le possibilità offerte e negate nel passato, per cogliere nessi, analogie, distanze e mutamenti, per uscire dalla gratuità del "Si potrebbe".
E il "Nuovo ordine europeo" nazista ha il suo incipt dalla confusione di idee che il fenomeno naziskin genera, mentre il tema ebraico comincia con la proposta di provare ad immaginare in quali modi ognuno di noi possa trovarsi a rappresentare per qualcuno il "nemico" da offendere ed abbattere; la "scoperta dell‘America" parte dall’orgoglio bianco ed europeo; la "piccola storia dei consumi", s’è già detto, dal problema del sentirsi o no soggetti di storia ; la vicenda dei 600.000 militari italiani volontariamente rimasti nei lager nazisti per venti mesi, pur di non aderire né a Salò né al III Reich, risponde alla questione del rapporto non-violenza e resistenza, oppure delle capacità che ognuno scopre in se stesso quando è lasciato solo a decidere del bene o del male, o si inquadra nel tema della memoria nascosta, taciuta, rimossa.
Forse questo è il momento più difficile dell’intero percorso: occorre preparare un accurato piano perché possano esprimersi liberamente le soggettività, il che naturalmente sembra una contraddizione, ma è condizione essenziale di qualunque paideia.
Questo tratto del lavoro deve essere rapido, perché i discorsi non si avvolgano su se stessi, degenerando nell’approssimazione e nella ripetitività, o non si disperdano nella molteplicità dei pareri. Un buon sistema è quello di costruire sulla lavagna luminosa la traccia del discorso complessivo, cogliendo le parole-chiave che via via emergono, e che resteranno a testimoniare il punto di avvio del problema quando, a lavoro concluso, se ne dovrà fare la verifica.
Se la domanda iniziale si è formata con chiarezza nella mente dei ragazzi, allora è il tempo di mettersi alla ricerca della storia. Qui ho visto troppo spesso commettere un errore che spesso taglia la strada ad ogni sviluppo del discorso. Scambiando la promettente ricchezza della domanda per un prerequisito utile a ricevere le risposte più complesse, molti insegnanti si affrettano a disegnare i grandi contorni della storiografia, spingendo i giovani interlocutori fuori della platonica, oscura caverna delle incertezze personali verso la luce della verità codificate, ottenendo un abbagliamento che, a lungo andare, diventa cecità storica.
Sembra esserci una inquietante terra di nessuno tra il mondo dei problemi vissuti e quello della riflessione sul passato. Ma in questa terra di nessuno si possono tracciare diversi sentieri che permettano il passaggio dei giovani dall’oggi all’ieri per quanto remoto esso appaia. In genere la prima pietra di questi sentieri non è un intervento esplicativo, ma un pretesto, una restrizione del campo di osservazione ad un particolare semplice da osservare, ma molto ricco di implicazioni. Se il fenomeno da analizzare è vasto, ed in genere lo è, allora si può partire da un singolo evento, un personaggio, o un gruppo di personaggi, un documento, un dato, un oggetto simbolico, che facciano correre l’attenzione verso ciò che l’ha generato. Qui comincia il lavoro vero e proprio dei ragazzi, ma occorre dare loro gli strumenti adatti.
Il primo è l’orientamento temporale. Se la nostra strategia si muove sull’asse della lunga durata, allora dovrà essere chiaro i rapporto fra la distanza cronologica ed il minimo scarto dei mutamenti : leggere insieme le pagine di Rigoberta Menchù e quelle dei lontani anonimi precolombiani, con l’identico carico di tristezza non rassegnata, e con le identiche esperienze di sopraffazione, ci immette in un’onda temporale non ancora conclusa, quella che vede di fronte le civiltà del sacrificio e le civiltà del massacro. Possiamo invece decidere che il rapporto tra le domande del presente e le risposte del passato richiede l’acquisizione del concetto di rottura epocale o di mutamento, ed allora il lavoro sarà condotto attraverso tagli sincronici, che permettano comparazioni biunivoche, o colgano l'accelerazione dei tempi nelle grandi trasformazioni; questa categoria di Polanyi, al di là del periodo specifico per cui è stata creata, costituisce un’indicazione metodologica molto efficace per l’impostazione di unità di lavoro che si occupino dell’antropologia economica e del suo rapporto con le istituzioni. Ma, a monte di tutto questo, occorre definire quale tipo di movimento si intende compiere facendo scorrere l’asse del tempo Posto che la posizione iniziale, il terreno in cui si formano le domande, è il presente, il percorso che i ragazzi dovranno compiere è inevitabilmente a ritroso: faremo un "balzo lungo" verso epoche lontane, sia per sfruttare l’effetto di "spaesamento" ed operare poi sulla coppia didattica centramento-decentramento, sia per la riconquista graduale di panorami più noti, ritornando all’oggi ? Procederemo per piccole tappe verso tempi sconosciuti ma parzialmente riconducibili al noto? Annulleremo la distanza temporale con una comparazione netta, introducendo poi la consapevolezza cronologica? Giocheremo con i parametri incrociati del tempo e dello spazio? La decisione, su cui s’imposterà l’intera strategia operativa, in parte dipende dall’oggetto stesso del nostro lavoro, in parte è relativa al taglio strettamente didattico a cui vogliamo attenerci. E’ naturale che, se le esperienze di laboratorio si ripeteranno, calibreremo i progetti in modo da costruire progressivamente abilità sempre più spinte nell’operare sui parametri spazio - temporali, cancellando la gabbia del tutto astorica delle cronologie rigide.
Torniamo al nostro pre-testo, al materiale offerto per una prima approssimazione al tema di lavoro. Le sue caratteristiche devono rispondere a diverse esigenze: l’immediata comprensibilità, la concretezza, la significatività, la capacità di stimolare l’attenzione, la possibilità di compiere su di esso operazioni che si riveleranno essenziali nelle fasi più avanzate del lavoro.
Ancora qualche esempio. C’è una stampa del 1797, che rappresenta una processione nel porto di Napoli, con una folla composita che ringrazia la Madonna dello scampato pericolo per il risveglio del Vesuvio, 1797 : due anni prima della Repubblica. Mostrata la stampa a colori con l’episcopio, i ragazzi ricevono fotocopie in bianco e nero: dovranno evidenziare in un solo colore, uno per gruppo, i soggetti identificabili : i nobili, i borghesi, i popolani, i lazzari, le confraternite religiose, le donne, i bambini. Sono riconoscibili dagli abiti e dall’atteggiamento perfino gli "uomini dei lumi". E’ l’inizio del percorso sul 1799, condotto sul tema dei rapporti culturali, sociali, economici, istituzionali attraverso l’identificazione di soggetti e delle loro collocazioni temporali (la "lunga durata" dei sanfedisti, l’ansia rivoluzionaria dei giacobini, il lento adeguarsi dei moderati), delle loro appartenenze a spazi del mondo, pur nell’ambito ristretto di una sola città. Oppure, per la Spedizione dei Mille, si inizia dalla lettura di uno scartafaccio, ritrovato fortunosamente in una soffitta insieme ad una sciabola ed a un berretto garibaldino, che costituisce il diario della battaglia del Volturno scritto da un tale Eugenio Iannotta, che vi partecipò con la legione del Matese. L’emozione della "scoperta", la sensazione di essere fra i primi a leggere quelle antiche carte stimola domande: di qui l’analisi testuale per ottenere risposte, il passaggio ad una ricostruzione più ampia, l’esigenza di comprendere il significato nella storia d’Italia, dell’evento, e di stabilire infine un rapporto, non più fondato solo sulla sensibilità immediata, con il vecchio combattente " che visse al tempo dei nonni dei nonni dei padri". Oppure, per la conquista dell’America, il punto di partenza sono le navi, le famose tre caravelle, presentate schematicamente con la lavagna luminosa. Le caratteristiche di "vascelli" della Pinta e della Nina, comparate con le precedenti "galere" ed i successivi "galeoni", permettono tutta una serie di inferenze sulla realtà politica, economica, sociale che ne determinò la costruzione, sulla cultura che spinse gli uomini alla ricerca di nuove rotte; la ricostruzione della Santa Maria, che mostra caratteristiche diverse dal vascello ed in anticipo sul galeone (era una nào), identifica la particolare valenza di quella spedizione. Attraverso le navi si disegnano così i contorni di una "grande trasformazione", che andrà ricostruita seguendone gli effetti fino ai nostri giorni.
Questa fase costituisce, agli occhi dei ragazzi, l’avvio per la ricerca delle risposte, ma anche la prima acquisizione di strumenti tecnici che, nel momento stesso in cui vengono messi loro fra le mani, sono presentati con una sintetica spiegazione di tipo intuitivo, come proposta di procedura. Operando, ne comprenderanno a fondo le implicazioni.


 

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