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LABORATORIO DI STORIA > gli interventi degli esperti > l'uso delle fonti > Il giornale storico: un'esperienza didattica tra italiano e storia

Carla Cavallotto, Patrizia Vayola, Il giornale storico: un'esperienza didattica tra italiano e storia

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TORINO 20 maggio 1961 - “Incontriamo a Torino Camillo Benso conte di Cavour al suo tavolo preferito del ristorante del “Cambio”, proprio davanti al Parlamento: è appena terminata una seduta che lo ha visto confrontarsi sulla questione di Roma capitale. Nonostante sia spossato dalla dura battaglia politica, ci concede questo franco colloquio che fedelmente riportiamo.
<< Sono deluso. – spiega ai lettori di Asti 1861 – Speravo che il lavoro diplomatico di tutto questo tempo avrebbe portato a risultati più concreti: L’accordo tra le parti, invece, sembra ancora lontano >>”
Così comincia un’intervista che non è stata mai rilasciata, un falso storico, costruito secondo i criteri della verosimiglianza, come vuole il genere letterario dell’intervista impossibile.
Si tratta dell’articolo di apertura della pagina degli interni di un giornale anch’esso impossibile ma costruito, come lavoro di approfondimento, dagli studenti di due classi dell’Istituto di Istruzione superiore “Vittorio Alfieri” di Asti.
L’idea centrale era quella di realizzare un intero numero di un quotidiano immaginario di un certo giorno del passato, con l’obiettivo di coniugare ricerca storica e acquisizione di metodologie delle scrittura giornalistica di oggi.
L’esperienza ha visto come protagoniste due classi, una quinta dell’Istituto professionale e una seconda del liceo classico (indirizzi entrambi compresi nell’Istituto Alfieri), coordinate dalla relative insegnanti di storia, professoresse Patrizia Vayola e Carla Cavallotto. Già la volontà di proporre questa collaborazione tra studenti di così diversa formazione è inedita ed è nata dalla constatazione che i ragazzi delle due scuole, pur coetanei, manifestavano spesso reciprocamente atteggiamenti di indifferenza se non di celata ostilità, determinate ovviamente da differenze sociali e culturali che ciascuno elevava a regola identitaria dei propri comportamenti. Le due insegnanti hanno perciò pensato che per superare queste barriere, sintomatiche di una chiusura che vanificava qualsiasi ulteriore approccio all’educazione alla diversità, fosse necessario imparare a lavorare insieme, mettendo in comune le diverse competenze (se gli studenti del classico sono ferrati in storia e filosofia, oltre che nelle lingue antiche, gli studenti del professionale possiedono competenze in economia e diritto ed una diversa familiarità con le tecnologie informatiche) per raggiungere un obiettivo condiviso: la realizzazione, appunto, del giornale storico.
Ma vediamo in modo più preciso in cosa è consistita questa attività.
L’idea di fondo è stata quella, come si diceva, di produrre un intero numero di un giornale immaginario del passato. Le due insegnanti hanno pertanto individuato il periodo storico da prendere in esame sia in relazione al programma delle due classi, sia cercando di focalizzare l’attenzione su un tema forte che si prestasse all’indagine e che fosse significativo per la rilevanza degli eventi e anche per la facilità d’accesso alle fonti, cercando, nel contempo, di evitare periodi troppo vicini al presente per i quali la sovrabbondanza delle documentazioni a disposizione avrebbe costituito più un handicap che una risorsa.
La scelta è caduta sul 1861 come anno di riferimento, data indubbiamente periodizzante per la storia d’Italia e connessa a tutte le complesse problematiche relative all’unificazione del nostro paese.
A questo punto l’ipotesi di lavoro è stata discussa con i ragazzi (tutte le riunioni a classi congiunte si sono verificate in orario scolastico) presentando, come ipotesi di lavoro, la possibilità di redigere un quotidiano per una data dell’anno in questione utilizzando le notizie del passato ma il linguaggio giornalistico del presente. La forza, dal punto di vista motivazionale, della proposta, risiedeva nella possibilità di costruire un prodotto che uscisse dalla scuola e che potesse essere diffuso, a livello locale, rendendo visibile all’esterno il lavoro di ricerca e di elaborazione dei ragazzi ed infatti essi hanno aderito con interesse all’attività.


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