Il boom economico: costumi e consumi

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Nell'Italia del "boom" e del "miracolo economico", fra la fine degli anni cinquanta e gli anni sessanta, una gran massa di italiani, che aveva in precedenza sperimentato i disastri della guerra e la poverta degli anni dell'immediato dopoguerra, scoprì per la prima volta il benessere e con esso l'abitudine a nuovi consumi. Nelle case fecero il loro ingresso gli elettrodomestici: frigoriferi e lavatrici, radio e televisori; la società italiana, anche attraverso le nuove abitudini di consumo, sembrò incamminarsi verso una definitiva "modernizzazione".
Gli Stati Uniti d'America, che sin dall'inizio del secolo si erano caratterizzati per la presenza di un mercato di massa per i prodotti di largo consumo, furono modello e principale termine di paragone: nel consumismo si individuava la radice stessa del successo del paese più ricco e industrializzato del mondo. Non mancavano però autorevoli critiche alla società dei consumi da parte di intellettuali, filosofi e sociologi, che godettero di un ampio seguito fra gli studenti che alla fine degli anni sessanta diedero vita ai primi movimenti di contestazione giovanile. La pubblicità, rinnovata nelle tecniche, nelle professioni e nei mezzi, sembrò esercitare un potere enorme e un'inedita capacità di condizionare gusti e comportamenti di individui e famiglie. L'urbanizzazione, la trasformazione delle abitazioni in senso borghese, la mobilità regalata dall'automobile, la liberazione di una parte del tempo dalle necessità del lavoro portarono ad una radicale trasformazione degli stili di vita e delle aspettative per il futuro degli italiani e soprattutto delle nuove generazioni.