Dal diario di Emanuele Artom, partigiano ucciso nel 1944

Con il camion venne su un prigioniero, scovato in un gabinetto pubblico. L’ho visto scendere, cupo, piccolo, silenzioso, avvilito, legato fra due soldati. E’ un essere abietto che stamane si alzò, senza pensare che era l’ultima volta, con lo scopo di braccare dei giovani che non vogliono combattere contro l’Italia, ma mi turba l’idea che possa venire ucciso. Come sono contento di non averlo catturato io ! Pensando alla sua possibile fine, l’avrei lasciato fuggire. Uccidere in battaglia, ma non a sangue freddo. Forse non
ha nessuna colpa vera di essere chi è, perché la vita è un terribile mistero : chi distrugge un mistero senza averlo prima conosciuto ? [...] Un partigiano mi racconta la morte del prigioniero quindici giorni fa. Quando lo conducono sul posto dell’esecuzione, chiede di fumare una sigaretta. Gliele danno, ma siccome cerca di finirla il più adagio che può, lo fanno smettere a metà. Il condannato si rivolge a un compaesano pregandolo di salutargli la moglie, e quello risponde : “Sei pazzo se credi che faccia un piacere a un mascalzone come te”.
Ecco come la guerra rende gli uomini.....