|
Arthur Dombrowski
Se mi cavate di sotto terra in tempo li vedrete anche voi
il mio naso allinsù, i capelli giallastri e il volto largo.
A nessuno piace troppo guardarsi allo specchio
Io, poi, avevo cominciato a farmi la barba solo tre mesi fa.
A una ragazza poteva andare a genio la mia faccia.
Con un poco di buona volontà
Ma anche lamore avevo rimandato a più tardi, pazzo comero
sempre appresso a un moccioso di tre anni, mio fratello.
Cerano sedici anni tra di noi, io, figlio di mia madre giovinetta
E lui, ultimo frutto della sua maturità.
Insomma ecco comera: a nulla avevo mai voluto tanto bene come a quel
ragazzino
ed eravamo amici più che due fratelli qualsiasi.
Con la sua mano grassoccia nella mia
ce ne andavamo a spasso, quando stavo in licenzia e la gente diceva:
Ecco Dombrowski con la sua appendice.
Ero nei lanciafiamme e fuori da una casa incendiata
strisciò un bambino coreano, coperto di vesciche
e con la pelle tutta ustionata. Me lo presi al collo,
e lo stavo cullando tra le braccia e gli parlavo piano
quando una palla mi colpì alla nuca. |