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Le “grandi trasformazioni” avvenute in Italia a livello economico e politico tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60  hanno avuto una rilevante influenza in ambito socio-culturale stravolgendo i punti di riferimento della  cultura italiana, fino ad allora legata alla tradizione rurale.

Fino agli anni ’50 la maggioranza della popolazione italiana, fatta di contadini, braccianti e operai, viveva con redditi molto bassi che consentivano a stento di soddisfare i bisogni primari.

La cultura era prevalentemente elitaria, riservata solo ad una cerchia ristretta di persone, le più abbienti, che possedevano i mezzi per costruirsi un proprio bagaglio culturale. Al contrario gran parte delle famiglie italiane non possedeva  risorse economiche tali da poter garantire un’adeguata istruzione alle nuove generazioni; anzi, a causa della situazione precaria in cui si viveva, i genitori erano costretti a negare l’istruzione elementare ai figli e ad introdurli in tenera età nel mondo del lavoro.

 I romanzi di orientamento neorealista rappresentano una cultura ancora molto legata alle tradizioni e ai ritmi del mondo agricolo (“La malora” di B. Fenoglio e “La luna e i falò” di C. Pavese), oppure esprimono la visione del mondo del nascente proletariato cittadino, ancora tutta concentrata nel piccolo universo del quartiere (“Il quartiere e Cronache di poveri amanti” di Pratolini). Un posto a parte occupa un romanzo pubblicato nel ’75, “Padre padrone” di G. Ledda che se da un lato presenta una società immobile, ancora regolata dalle leggi ferree di un mondo atavico, dall’altra documenta la diffusione tra i giovani delle aspirazioni a rompere i legami di una cultura chiusa e rigida, attraverso lo studio e l’emigrazione.

 Il cinema del dopoguerra offre numerose testimonianze di comportamenti collettivi ancora legati ai valori propri di una società tradizionale. Ne sono esempi “Riso amaro” (1948), “Il bell’Antonio” (1948), “I vitelloni” (1953), ”I soliti ignoti” (1958), “L’audace colpo dei soliti ignoti” (1959): tutti capolavori di noti registi italiani che presentano personaggi ancora legati ad una comune identità culturale e rispettosi dei valori tipici della tradizione locale, anche se già attraversati da una certa ansia di cambiamento, che cominciava ad interessare certi settori dell’economia e alcuni gruppi sociali.

La società, verso la fine degli anni ‘50, subisce un mutamento profondo, sia sul piano demografico sia a livello economico: si trasforma da società prevalentemente rurale a società urbana. La popolazione, con lo sviluppo del settore industriale, si concentra nelle aree urbane, dove la nuova organizzazione del lavoro diffonde un maggior benessere ma dà origine a fenomeni di alienazione e di spersonalizzazione dell’individuo. Gli aumentati salari degli operai danno sempre più la possibilità alle famiglie di garantire ai figli l’istruzione, uno degli strumenti principali per la diffusione dell’alfabetizzazione e dell’informazione.  

Contemporaneamente si creano e si diffondono i nuovi mezzi di comunicazione. Se l’informazione precedentemente circolava attraverso giornali e radio,con gli anni ‘50 si apre una nuova fase: la produzione di massa di beni di largo consumo e il generale aumento del benessere economico rendono possibile la formazione di un pubblico vasto e disseminato che può essere raggiunto solo dai grandi mezzi di comunicazione di massa, come la televisione e il cinema.

Negli anni che seguono la ricostruzione post-bellica la radio e la televisione divengono, come il frigorifero e il telefono, strumenti presenti nelle case di quasi tutta la popolazione della società industriale. La tendenza alla massificazione, implicita nel numero sempre maggiore di persone coinvolte nell’arena della comunicazione di massa, e la progressiva standardizzazione dei comportamenti, innescano un processo di crescente livellamento: individui appartenenti a strati sociali, culture, storie molto diverse le une dalle altre, sono spinti a “consumare” gli stessi prodotti e si riconoscono in immagini e simboli comuni.

Questa tendenza all’ omogeneità culturale tra gli individui è visibile nei film di quegli anni come “L’educazione sentimentale” (un episodio tratto da “I mostri”) , “Il sorpasso” (1963),  Il ferroviere” (1956) . Inoltre diversi scrittori, sensibili alle condizioni di alienazione e spersonalizzazione che vivono gli individui nella società di massa, hanno sentito il bisogno di mettere in evidenza questa situazione sociale, dando origine a un nuovo tipo di letteratura, quella che sarà poi definita “letteratura industriale”. Tra i romanzi più noti ricordiamo “Memoriale” di P. Volponi (1962), “Il maestro di Vigevano” di L. Mastronardi (1960), “Il Padrone” di G. Parise, i “Racconti” di I. Calvino tra cui “Marcovaldo” e “La nuvola di smog” , i quali esprimono in forma del tutto soggettiva come la realtà industriale assorba la vita personale di ogni individuo rendendolo dipendente da essa, disorientandolo e alterando la sua identità.