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LABORATORIO DI STORIA > gli interventi degli esperti > l'uso delle fonti 

Maria Teresa Sega, La storia scritta con la luce. La fotografia come fonte  

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UN ESEMPIO DI ANALISI
Le relazioni tra fonti: le "impiraperle" veneziane

fine '800 - inizi '900

fonti scritte

L"'impiraressa" che si dispone al lavoro, prende una matassa intera, la taglia per aprirla, e così aperta è lunga approssimativamente due metri, e vien detta una "longa". Da una parte il filo viene passato per la cruna degli aghi, si fa un nodo e si attorciglia il capo, e dal lato opposto si unisce la fine della matassa, formando una specie di occhiello detto "asola". Tutti gli aghi infilati, che dal numero di 40 possono arrivare fino al numero di 60, si tengono con le prime tre dita della mano destra, formando un ventaglio, cioè la "palmeta", che viene immersa velocemente nella "sessola" riempita di perle...

da I. Ninni, L'impiraressa, Longhi e Montanari, Venezia 1893, scritto per nozze.

fonti orali
fotografie

altre fonti iconografiche

1920-1935

fonti scritte

..."Quando l'impiraressa comincia a inoltrarsi negli anni, assume rapidamente un aspetto avizzito, ma quando è giovane allora può avere degli aspetti che interessano e che incantano, con tutta quella 'verve' così popolare. Una bella chioma nera, due occhi che bruciano ed una lingua... che brucia; ma di questa ultima è meglio non parlare."...

da M. Sutto, Figure di Venezia: I'impiraressa, in " Le tre Venezie ", a. II, dicembre 1926.

fonti orali

"... C'era tutta la calle piena, ci riunivamo tutte per lavorare tutte insieme, questa non è una zona dove ci sia gran passaggio. Adesso ci sono i turisti che qualche volta passano, quando eravamo piccole noi potevamo non chiudere la porta, che non entrava nessuno. E ci sedevamo qua a lavorare…"

"... Una volta si lasciavano tutte le porte aperte, adesso ci si chiude in casa. Ognuno sta a casa propria..."

"... La mistra era una signora. E non si poteva andare a dirle 'i lavori sono cattivi'. 'Riportami tutto, riportami tutto diceva. E non avevamo più lavoro. Non potevamo nemmeno parlare, ci toccava lavorare e accontentarci, altrimenti non prendevamo quelle due lire. Non si prendeva niente. La mistra sì guadagnava, ma non diceva quello che prendeva.

testimonianze di impiraperle

fotografie

altre fonti iconografiche

1950

fonti scritte

;..."Lavorava all'aperto, seduta fuori dell'uscio in calle, con i suoi spilloni stretti a ventaglio nella destra ripetendo per ore ed ore all'infinito un gesto antico che animava le conterie multicolori. Alla domenica, ella cingeva sul gran ventre il grembiale pulito della festa e calzava le pantofole con ricamo; dalle quindici in poi teneva circolo in calle in mezzo alle comari, ognuna delle quali aveva portato la sua 'carega'. Talvolta si organizzava la 'tombola' con i fagioli ed ogni numero, che la Cate estraeva dal sacchetto, veniva salutato in coro da un appropriato commento; e giù risate omeriche e generosi 'goti de scabio'; il vino 'foresta' e i galani e le 'fritole' erano, infatti, di prammatica."

fonti orali

"Ho lavorato di perle sempre. Quando è morto mio marito per un incidente, non c'era la pensione come adesso, mi davano tremilalire al mese, sono rimasta vedova nel '46, io ho continuato a lavorare, perché avevo tre figli da tirar su… La mattina non lavoravo perché preparavo il mangiare, facevo i piatti, il bucato, ma quando era l'una mi sedevo e lavoravo finché non ci vedevo più a infilare gli aghi. Poi venivo su, gli davo il secondo pasto e verso le nove tornavo a sedermi. Lavoravo fino alle undici, facevo un paio di mazzi".

testimonianze di impiraperle

fotografie

altre fonti iconografiche

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