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LA PUBBLICITA’

Il consumo dei beni e prodotti è favorito dalla pubblicità.

Il termine "pubblicità" in lingua italiana deriva da "pubblico" ed assume quindi il semplice significato di "rendere noto" ciò che fino a quel momento non lo era.

Come primi manifesti pubblicitari, possono essere considerati i fogli di papiro incollati a muri e colonne, usati dai Greci e dai Romani, per annunciare spettacoli, giochi, vendite di schiavi.

La pubblicità, così come la intendiamo noi, nasce con la rivoluzione industriale, quando l'aumento della produzione, la varietà dei prodotti e la concorrenza fra imprenditori impongono una maggiore informazione degli acquirenti. Infatti, fino all'invenzione della stampa la funzione di pubblicizzare merci ed eventi sono state svolte essenzialmente dalla comunicazione orale e, in particolare, da annunciatori.

La pubblicità comincia ad affermarsi sui giornali fin dal 1600, ma si tratta soprattutto d’annunci scritti e privi d’immagini.

Il primo annuncio pubblicitario a mezza stampa risale al 1479, ed è fatto dall'editore inglese W. Caxton per pubblicizzare i propri libri.

Si deve però attendere il 1630 per vedere la nascita di un vero e proprio servizio pubblicitario. L'idea è del parigino T. Renaudot che apre un ufficio e fonda una gazzetta per raccogliere e pubblicare annunci pubblicitari a pagamento.

In Inghilterra il primo vero annuncio pubblicitario compare il 26 maggio 1657.

Negli Stati Uniti, invece, le prime forme pubblicitarie sono rappresentate dai cataloghi, attraverso le vendite per corrispondenza che le industrie del sec. XIX inviavano ai pionieri, ai cercatori d'oro, ai cacciatori di bisonti.

Già agli inizi del sec. XX, soprattutto negli U.S.A., per battere la concorrenza appare una forma diversa di p., quella che spinge all'acquisto di beni non assolutamente necessari, dando così l'avvio al fenomeno del consumismo.

La pubblicità trova nella seconda metà dell'Ottocento, due grandi canali di comunicazione: i quotidiani, dove appaiono sempre più frequentemente le inserzioni pubblicitarie, e i manifesti, dove si mescolano l'immagine, la parola, il colore.

Questi manifesti spesso erano firmati da artisti di valore, fra cui Toulouse-Lautrec (uno dei primi pittori ad intuire l'importanza del nuovo genere artistico), De Chirico, i Futuristi ecc.

A partire dagli anni '20 la pubblicità si avvia a operare secondo regole scientifiche, tanto che nel 1925 Daniel Stach pubblica il primo trattato di tecnica pubblicitaria, in cui vengono fissate le cinque regole fondamentali di ogni messaggio pubblicitario:

1. essere visto, perciò bisogna conferirgli la necessaria attrattiva;

2. essere letto, perché molti annunci sono guardati, ma non osservati;

3. essere creduto, perché un buon annuncio deve convincere l'acquirente della veridicità di quanto promette;

4. essere ricordato;

5. essere capace di spingere il compratore ad agire, cioè ad acquistare un determinato prodotto.

In Italia lo sviluppo della p. ha risentito del ritardo tecnologico e delle ridotte possibilità economiche superati solo dagli anni Cinquanta. Agli inizi del secolo, data anche la scarsa diffusione della stampa, il mezzo pubblicitario dominante è il manifesto. Questo è anche il periodo dei grandi artisti che lavorano particolarmente per conto di grandi aziende tipografiche che sono le prime a dare impulso alla p.

I magazzini Mele di Napoli (abbigliamento), commissionano alcuni dei più significativi manifesti pubblicitari che recano le firme di Matania, Di Stefano e poi di Villa, Dudovich, Laskoff, Cappiello, Beltrame e Sacchetti.

Pubblicità dei magazzini Mele di Napoli

Il troppo ristretto mercato dei nuovi articoli industriali condiziona anche le scelte pubblicitarie che sono, in gran parte, rivolte a un pubblico di élite: così fu per le automobili e i loro accessori, per i primi elettrodomestici e apparecchi radio, per le stazioni termali e i luoghi di villeggiatura.

In Italia la storia del manifesto moderno commissionato dall'industria porta il nome delle Officine grafiche Ricordi. Nell'atelier della Ricordi, costituitosi nel 1896, lavorò un gruppo di artisti diretto da Adolfo Hohenstein.

Nelle società nacque in un clima caratterizzato dal lavoro di equipe, in cui gli artisti lavoravano fianco a fianco con i tecnici riproduttori.

I primi artisti del cartellone pubblicitario capiscono l'esigenza di modificare lo stile illustrativo e, forse spronati dalle esigenze dell'industria, scoprono quella sintesi di gusto più moderno, che caratterizza il messaggio pubblicitario.

Grazie all’industrializzazione e la vittoria definitiva dello stile di vita urbano che rendono potente questa modalità di informazione e di persuasione che accoppia testo scritto a immagine e che è vantaggioso anche dell'aumentata alfabetizzazione e delle innovazioni tecnologiche che consentono di ottenere grandi tirature a bassi costi.
Per questi motivi il manifesto, insieme ai giornali quotidiani (e successivamente alla radio), diventa uno dei veicoli fondamentali sia della pubblicità quanto della propaganda dalla fine dell'800 alla metà del '900.

 


Attraverso i manifesti è possibile quindi leggere aspetti significativi, sia sul piano politico sia su quello del costume e degli stili di vita, della storia contemporanea e anche percepire lo scarto tra quel epoca e il presente e ragionare sugli elementi di continuità e di mutamento che hanno caratterizzato l'ultimo secolo.

In teatro, il manifesto grafico comparve verso la metà del Settecento e soltanto nell'Ottocento, con il francese J. Chéret, divenne figurativo e a colori.

Con il sonoro, anche il manifesto cinematografico decadde e alla sua funzione interpretativa si preferì quasi ovunque quella banalmente contenutistica, di propaganda semplice, non di rado volgare, del prodotto.

Riassumendo, il manifesto è un documento con cui un gruppo politico o una corrente letteraria espone pubblicamente il proprio programma. Il più celebre esempio di manifesto politico è il Manifesto del Partito Comunista (1848) di K. Marx.

In campo letterario, è famoso il Manifesto futurista, pubblicato da F. T. Marinetti nel 1909 sul quotidiano francese Le Figaro.

Col passare del tempo si è sempre più puntato sulla capacità di eccitare l'emotività dell'acquirente e sulla marca, cui vengono collegati la qualità e il prestigio del prodotto.

La pubblicità può affidarsi alla forza espressiva di una bella immagine fotografica; fa spesso ricorso alla forte attrazione esercitata dal fascino femminile; trasforma il corpo umano (anche maschile) in un oggetto di culto, pur di vendere prodotti. Erotismo, fascino dell'evasione in ambienti raffinati ed esclusivi, il richiamo all'eleganza...: questi i temi dominanti dell'odierna pubblicità, che va ben oltre il fine originario di informare sull'esistenza di un prodotto o di un servizio, per investire la sfera della mentalità, della visione del mondo e dei modelli culturali.

 

Materiale utilizzato per lo svolgimento:

http://webscuola.tin.it/risorse/editori/index.html

http://webscuola.tin.it/risorse/editori/storia.html

http://www.bibliolab.it/sitografie/sitografie_pubblicita.htm

http://www.edscuola.it/archivio/antologia/smonta/storia.htm

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