La
rivoluzione russa di febbraio
Nell'ultimo anno la situazione interna dell'Impero russo si è
costantemente aggravata: dopo le vittorie tedesche e austro-ungariche in
Galizia il morale delle truppe è basso, i raccolti di cereali scarsi,
la catena di distribuzione è saltata, i prezzi salgono costantemente in
un paese entrato in guerra sena poter contare su strutture produttive e
condizioni sociali ed economiche paragonabili a quelle delle altre
grandi potenze europee.
L'autoritarismo degli zar è ottuso e la disciplina militare non tiene
in nessun conto le condizioni di vita dei soldati al fronte. Cominciano
perciò, tanto nelle città operaie quanto tra i sodati a serpeggiare
vene di malcontento che presto esplodono in una serie di scioperi nelle
fabbriche di San Pietroburgo, alimentati dalle teorie anarchiche e
socialiste che si sono diffuse tra gli operai e la guardi imperiale,
invece di reprimerle, come era avvenuto nel 1905, fraternizza con i
ribelli.
Tre giorni dopo Nicola II abbandona il trono a favore del fratello
Michele, che rinuncia alla corona. La rinata Duma forma un govenro
provvisorio che garantisce le libertà civili e politiche, cui si
affianca un soviet degli operai e dei contadini di ispirazione
prevalentemente socialista bolscevica.
Il nuovo governo, spinto anche dalle diplomazie inglese e francese
decide di non uscire dal conflitto ma su questa questione i socialisti
bolscevichi e menscevichi sono divisi. Mentre i secondi vedono nel
proseguimento della guerra il mezzo per tutelare la rivoluzione dai
circostanti stati reazionari, i primi, guidati da Lenin, ritengono che,
per tutelare la rivoluzione sia necessario uscire dal conflitto.
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