Altri Olocausti 
             Arcipelago gulag
            Lenciclopedia del
            terrore: così furono liquidati i nemici della rivoluzione 
             
            di Dario Fertilio
            Ancora lImpero del male: o quel che ne
            resta dopo il crollo dellUrss e lapertura degli archivi di Mosca. Nuovi
            documenti, per lo più editi dalle famiglie delle vittime e recuperati attraverso
            lassociazione «Memorial», compongono un mosaico senza precedenti: potremmo
            chiamarlo lenciclopedia del terrore. Oggi sono due storici, Oleg Chlevnjuk e Terry
            Martin, a condurci per mano attraverso le grandi purghe che liquidarono durante gli anni
            Trenta cittadini innocenti a centinaia di migliaia, e che culminarono nel 1937, per ordine
            del commissario Ezov, in un parossismo di violenza omicida. È la rivista
            delleditrice Donzelli, Storica , a offrire questo nuovo materiale al
            pubblico, nel numero di ottobre, accompagnandolo con unintroduzione dello slavista
            Andrea Graziosi. Documenti classificati come «segretissimi», e consegnati agli archivi
            nel consueto stile burocratico-terroristico conosciuto in seguito come «lingua di
            legno», ci restituiscono quella sensazione surreale, di spaesamento e sospensione, che
            deve essersi impossessata allora degli accusati di fronte allincomprensibilità e
            illogicità delle persecuzioni. Ed è proprio qui, nella classificazione delle categorie
            da reprimere o da sopprimere, da esiliare o da fucilare, che i nuovi documenti risultano
            più interessanti. Apprendiamo infatti che le purghe si articolavano su un duplice piano:
            secondo la pericolosità della categoria sociale di appartenenza e secondo le eventuali
            colpe individuali. Come dire, tutti erano considerati colpevoli in partenza per il fatto
            di essere nati nellambiente sbagliato; alcuni poi, a causa di una «pervicace
            ostinazione», risultavano più riprovevoli degli altri. 
            Ma ecco lenciclopedia del terrore: nel primo girone infernale si trovavano i kulak,
            contadini benestanti già al confino o fuggiti dai campi di concentramento; gli ex membri
            di partiti che si erano scontrati con i bolscevichi (come i socialisti rivoluzionari e i
            menscevichi); le ex Guardie bianche; i funzionari zaristi sopravvissuti; le «spie» e i
            «terroristi» contro i quali erano state montate accuse negli anni precedenti; i detenuti
            politici reclusi nei lager. In un secondo girone infernale, non meno vasto, trovavano
            posto le cosiddette «categorie nazionali contro-rivoluzionarie»: polacchi, tedeschi,
            romeni, lettoni, estoni, finlandesi, greci, afghani, iraniani, cinesi, bulgari e macedoni.
            Naturalmente la definizione di «controrivoluzionario» alludeva non tanto a una scelta
            politica individuale, quanto alla possibilità di un collegamento con la terra
            dorigine al di fuori dei confini dellUrss, considerata automaticamente come
            attività antisovietica e collusione con il nemico. Il terzo girone era popolato dalle
            famiglie dei «nemici del popolo», come ad esempio le mogli dei «traditori», passibili
            di arresto e reclusione nei lager dai cinque agli otto anni, e i loro figli al di sopra
            dei quindici anni. Il quarto, infine, era formato paradossalmente dagli stessi militanti e
            dallélite bolscevica, destinati a subire periodiche epurazioni. 
            Questo almeno il metodo di classificazione tracciato da Chlevnjuk, mentre Martin ne
            delinea un altro, ancora più surreale e allucinante: esso giungeva al punto di sospettare
            chi teneva corrispondenza con lestero, chi frequentava consoli stranieri; o chi era
            tornato in Russia solo dopo la rivoluzione. Per essere schedati e considerati sospetti, al
            culmine della frenesia accusatoria, bastava essere «conoscitori dellesperanto» o
            «collezionisti di francobolli». Il materiale usato per le accuse consisteva
            essenzialmente in «confessioni» (spesso ottenute per mezzo di interrogatori a catena che
            potevano durare per giorni fino allesaurimento fisico dellimputato); in
            deposizioni incrociate, per cui le vittime si accusavano a vicenda nellillusione di
            acquistarsi qualche benemerenza; in manovre combinate con laiuto di spie e dei
            cosiddetti «pagliacci» (ossia provocatori che avevano il compito di terrorizzare gli
            imputati, spingendoli ad ammettere il falso con la speranza di pene più miti); infine si
            ricorreva a vere e proprie torture in puro stile staliniano. 
            Stalin, appunto: il «gemello totalitario» di Hitler si staglia come un demone
            imperscrutabile sullo sfondo, come il mandante dei peggiori delitti ma certo non come
            lunico responsabile. Gli storici sono concordi nel ritenere che il grande terrore,
            cioè leliminazione di massa delle categorie «controrivoluzionarie», non fu
            uninvenzione sua: il dittatore si limitò a portarla alle estreme conseguenze, sino
            a farle assumere una dimensione apocalittica. Ma qual era il suo concreto obiettivo? Non
            quello di spezzare ogni resistenza, ricorrendo a una violenza arbitraria e brutale -
            sostiene Graziosi -, quanto piuttosto la «liquidazione profilattica» di categorie ben
            individuate. E lo scopo finale? Forse, come mostrano di credere i ricercatori, quello di
            liquidare preventivamente le classi sociali meno fidate in vista della imminente guerra
            «patriottica» contro Hitler. Ma anche, e più verosimilmente, quello di preparare il
            terreno alla nascita delluomo nuovo, l homo bolscevicus , libero dai
            condizionamenti del passato. E ancora quella terribile parola, genocidio, si riaffaccia a
            indicare le origini del Male. 
            (corriere della sera, 25 ottobre 2001)