COLTIVAVANO IL BASILICO NELLA VASCA DA BAGNO
Percorso sull'emigrazione interna in Italia degli anni '50-'60
a cura di Patrizia Vayola

Presentazione prerequisiti e competenze da attivare
TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI TAPPA 3: LA PROBLEMATIZZAZIONE
TAPPA 4: IL QUESTIONARIO ALLE FAMIGLIE TAPPA 5: LE INTERVISTE A CONFRONTO Sitografia Bibliografia

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APPROFONDIMENTI

Le tesi di Ercole Sori (in L'emigrazione italiana dall'Unità alla seconda guerra mondiale, Il Mulino, Bologna 1979) sintetizzare da L. Benigno, A. Brusa, F. Farinasso nel lavoro Studiare l'emigrazione, contenuto nel volume La storia Insegnata,  Milano, Bruno Mondatori, 1985.

L'autore sottolinea come le interpretazioni sulle cause dell'emigrazione divergono in due direzioni:
1.chi parla di incompatibilità tra una popolazione crescente e risorse date o poco ampliabili, ad esempio la terra;
2. chi pone l'accento sulle trasformazioni che subiscono i rapporti tra popolazione e risorse economiche all'interno di dati rapporti di produzione e di classe. Sori afferma di essere favorevole a quest'ultimo approccio.

Il mercato del lavoro nazionale e internazionale e la composizione di classe, che l'emigrazione italiana evidenzia, e insieme altera e regola, sono le categorie generali attraverso le quali l'autore legge le principali valenze economiche, politiche e sociali del grande esodo. Sulle cause economiche dell'emigrazione sono da consultare le pagine: 69-118 e 427-435. Sul tema: emigrazione e lotta di classe, le pagine 217-234; su emigrazione e mercati del lavoro esteri le pagine 337-393.

Sono qui di seguito indicate, in modo molto schematico le cause, operanti a livello italiano, individuate da Sori per il periodo dall'Unità alla prima guerra mondiale.

1. Con l'Unità d'Italia venne a mancare l'imponente apparato di beneficenza e assistenza con cui le vecchie classi dominanti catturavano il consenso popolare. In alternativa venne data via libera all'emigrazione, mentre, al contrario, gli interessi agrari più chiusi si scagliavano contro l'esodo contadino che minacciava di indebolire il rapporto di forza nume­rico tra proprietà e contadini su salari e patti agrari.

2. L'emigrazione fu lo sbocco a un'eccessiva pressione demografica in quelle zone dove non esisteva una forte organizzazione di classe del pro­letariato agricolo, come in Emilia.

3. La necessità di denaro per le imposte fondiarie, di registro, di successione e di debito ipotecario celavano una cronica insufficienza di reddito nelle campagne, soprattutto dove esisteva piccola proprietà o affitto.

4. L'eccessiva frammentazione della proprietà nella montagna alpina, in Basilicata, in Campania, nel Polesine, in Liguria, costringeva parte della popolazione all'emigrazione stagionale o all'espatrio definitivo.

5. Il declino dei mestieri artigianali e della manifattura rurale già nel dopo Unità fece sì che spesso, nella seconda metà dell'Ottocento, gli artigiani precedessero i contadini negli espatri. Lo stato e l'aristocrazia bancaria furono gli agenti fondamentali di uno sviluppo centralizzato a poche aree del nord, ritenendo utile un serbatoio di sovrappopolazione latente. Una migliore utilizzazione delle forze produttive avrebbe potuto indirizzarsi verso una industria leggero-domestica, secondo il modello svizzero, con produzioni a basso contenuto di importazioni e di capitali e ad alto contenuto di lavoro ed esportazione (per esempio: giocattoli, orologi, ombrelli).

6. Sottoutilizzazione delle forze lavorative, bassa retribuzione del lavoro e rapporto generalmente sfavorevole tra capitale, proprietà e lavoro emergono come cause più comprensive dell'emigrazione italiana. Le costanti possono essere così delineate: 
a) la maggior certezza annuale o poliennale del reddito contadino, assicurata dal contratto, veniva pagata a prezzo di un minor saggio di retribuzione del lavoro; 
b) ostacoli all'emancipazione delle classi contadine si affermavano con l'obsolescenza delle enfiteusi dei contratti a miglioria, con gli ostacoli all'affermazione delle cooperative e delle afffittanze collettive; 
c) la presenza di isole di privilegio, come la mezzadria delle regioni centro settentrionali: questo era però eroso da una tendenza al peggioramento dei termini contrattuali. Nell'Italia settentrionale, dove il tessuto economico era più articolato, la crescita della disoccupazione rurale o semi-rurale era il risultato di un innesto delle cicliche crisi industriali sulle latenti difficoltà che permanevano nelle attività agricole. Ulteriori spinte all'espatrio furono: la depressione serica del 1876-77; la crisi generale degli anni 1888-1896, che respingeva dalle città piemontesi i contadini appena inurbati; la crisi di disoccupazione industriale ed agricola, che esplose nel 1912-13.

7. Impulso decisivo alla prima ondata di emigrazione di massa delle classi agricole venne dato anche dalla crisi agraria nel corso degli anni ottanta. Essa si espresse attraverso un crollo dei prezzi per alcune delle principali produzioni agricole italiane, tra cui il grano, dovuto alla minore domanda internazionale e all'afflusso di derrate dai territori oltreoceano.

Per il periodo che va dalla fine della prima guerra Mondiale alla svo­ta antiemigratoria adottata dal fascismo nel 1927, l'autore individua come cause di emigrazione: la disoccupazione; le riemergenti tensioni nei rapporti di produzione nelle campagne; lo squilibrio della bilancia dei pag­menti e dell'indebitamento verso l'estero. 

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