COLTIVAVANO IL BASILICO NELLA VASCA DA BAGNO
Percorso sull'emigrazione interna in Italia degli anni '50-'60
a cura di Patrizia Vayola

Presentazione prerequisiti e competenze da attivare
TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI TAPPA 3: LA PROBLEMATIZZAZIONE
TAPPA 4: IL QUESTIONARIO ALLE FAMIGLIE TAPPA 5: LE INTERVISTE A CONFRONTO Sitografia Bibliografia

TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI

EMIGRAZIONE

Il ragazzo si allontanò in fretta dal luogo dell’appuntamento, guardandosi ripetutamente alle spalle, sotto la luce fioca e sporca dei pochi lampioni ancora accesi. Certo, la polizia chiudeva un occhio su questo tipo di attività, ma era sempre meglio stare attenti, quando si aveva a che fare con criminali. Rabbrividì, pensando al contatto viscido con la mano dell’impresario, nome pomposo per definire un  trafficante clandestino di immigrati, ma avrebbe dovuto tenerselo buono: era il suo unico contatto col mondo per il quale sarebbe partito. Ricordò la voce gorgogliante dal marcato accento straniero con la quale aveva contato i suoi mille zelt fino all’ultimo spicciolo, “Come dite voi…fidarsi è bene …ma ….” e aveva riso di quel suo riso strascicato, inumano, guardandolo con i grossi occhioni sgranati. Veramente disgustoso, eppure doveva farci l’abitudine a tipi del genere.
Attraversò la strada facendo attenzione alle grosse buche che costellavano l’asfalto ormai troppo consunto e mai più riassettato… e pensare che quella, una volta, era la strada centrale della sua città! … Una volta, tanti, troppi, anni prima. Evitò le cataste di spazzatura e gli uomini che vi frugavano in mezzo, esseri ormai abbrutiti e capaci di qualsiasi cosa, se solo avessero avuto energie sufficienti per aggredirlo, ma per fortuna la fame era una sua alleata e  i rifiuti potevano nascondere tesori più preziosi delle sue tasche sfondate, nella giacca tanto lisa da aver perso ormai qualsiasi credibile colore.
L’androne buio del suo palazzo lo accolse col consueto sentore di umido e di sporco, l’acqua ormai arrivava una volta alla settimana, troppo poco perché si potesse far qualcos’altro che non immagazzinarne per le esigenze primarie.
Ora lo aspettava la prova più dura: dire a sua madre che sarebbe partito.
Lo accolse la luce fioca dell’unica candela poggiata sul tavolo di cucina, - forse dorme -, pensò cercando di abituare gli occhi al baluginare della fiammella. E invece era lì, lo scialle sulle spalle magre, seduta sul bordo del letto dell’unica stanza che componeva la loro abitazione.
- Valdrin – chiamò - Valdrin, che succede? – e lo guardò con occhi ansiosi, poi proseguì, tutto d’un fiato, con la veemenza di una preoccupazione e di una rabbia a lungo coltivate nel silenzio di quelle mura spoglie.
- Che ne hai fatto, figlio, che ne hai fatto del tuo orologio e della giacca di pelle? E ho cercato la collana, non c’è più neanche quella! Eppure sai bene che era la nostra ultima risorsa, e che avevamo giurato che non ci sarebbero stati fame o bisogno sufficienti per separarcene: serviva solo per i casi estremi! – La sua voce si alzò, vibrò per un attimo dell’antico orgoglio, poi si abbasso di nuovo, lamentosa – come faremo, come faremo adesso? –

Osservò l’oscillare dolente di quella testa grigia, inspirò profondamente.
- Parto, mamma. – disse in un soffio.
Lei alzò repentinamente il capo - Parti? E per dove? - esclamò interdetta anche se sapeva già la risposta.
- Lo sai, mamma, come sai che devo andare. Qui la vita è orribile, senza speranze. Ma non lo vedi, non lo vedi anche tu come siamo tutti ridotti? La povertà, il degrado, la fame? Almeno laggiù ci sarà da lavorare, ci sarà da mangiare. Questo è un posto buono solo per morire! -
La donna curvò le spalle, chinò la testa, scossa da un pianto silenzioso e il figlio fu preso da una tenerezza amara e malinconica insieme. Le sedette accanto, la avvolse tra le sue braccia e la cullò piano, oscillando al ritmo rotto dei singhiozzi di lei.
- Vedrai, - le sussurrò - le cose andranno meglio, laggiù; lavorerò, avrò una casa vera. Pensa, con l'acqua corrente e la luce e magari un giardino. Ti piacerebbe, vero, un giardino? Certo, le piante non sono come quelle di qui, ma che vuoi, ci si adatta. E poi avrò dei vestiti, e ti comprerò uno scialle nuovo, eh? di quelle stoffe strane che usano lì. E te lo mando, mamma, appena posso te lo mando e anche i soldi ti mando.
 Vivrai meglio anche tu, qui costa tutto talmente caro! - e continuava a cullarla - come una bimba - pensò - come lei faceva con me quando ero bambino e ancora non si pensava che tutto avrebbe potuto andare così male. Come quando c'era ancora qualcosa da mangiare e non si leggeva la disperazione negli occhi della gente.
- E poi verrai anche tu - proseguì - appena posso ti chiamo. Risparmierò, sai, per il tuo viaggio e appena mi metto a posto e riesco a farmi dare un permesso di soggiorno di quelli in regola ti chiamo, eh?. E non dire che il viaggio è troppo lungo per la tua età. Saresti ancora giovane e anche bella, sai, se le privazioni non ti avessero così segnato l'anima. Ma cambierà, vedrai, cambierà. Te lo prometto.-
Le spalle di lei cessarono di fremere, la testa si alzò e i suoi occhi chiari si fissarono in quelli di lui.

-  Sì, figlio - disse - vai. - Si alzò, rassettò l'abito, tentò un sorriso - e quando parti? -

- Stanotte, poco prima dell'alba, mamma, è l'ora migliore, la sorveglianza si allenta ed è più facile sfuggire ai controlli.
- Dobbiamo sbrigarci allora! Su dai, non perdere tempo, sei sempre lo stesso, ti riduci all'ultimo momento! - lo rimbrottò lei affaccendandosi intorno al borsone grigio come se quello fosse un viaggio normale, come se quello potesse essere il momento per i soliti rimproveri di sempre.

Scese in strada ancora caldo del lungo abbraccio di lei e l'aria fredda della notte lo trafisse con ostilità. Il camion, già carico, lo aspettava al posto convenuto.
Salì e gli altri si strinsero per fargli posto sulla panca. Nessuno lo guardò, nessuno guardava niente, gli occhi di tutti persi nell'angoscia del distacco.
Valdrin si voltò al paesaggio che gli correva accanto. La gigantesca bidonville sembrava ancora addormentata, e dormivano, anche, sulla collina spoglia, le ville degli ultimi ricchi, armate e sorvegliate come bunker contro gli assalti dei disperati.
Avrebbe potuto essere diverso - pensò - se solo tutti fossero stati un po' più saggi, se avessero avuto lo sguardo più lungo, se ciascuno non avesse pensato solo a se stesso. Se…. Ma ormai era troppo tardi, inutile starci a ragionare. Ora doveva concentrarsi solo sul futuro, e doveva esserci, doveva esserci un futuro anche per lui, per lui sì, accidenti, per lui sì! Strinse i pugni e giurò a se stesso che avrebbe lottato per quel futuro e nessuno, nessuno avrebbe potuto toglierglielo, nessuno avrebbe potuto ricacciarlo su quella terra morente.
Lo stridore dei freni lo riportò alla realtà, saltò a terra e si mise in fila con gli altri verso l'imbarco; come un automa depositò il bagaglio, indossò la tuta, salì la scaletta, si sistemò al suo posto.
Mentre le luci si abbassavano, trasse un lungo respiro - Ci siamo - si disse.
Poi i razzi si accesero e l'astronave partì rombando e ben presto non fu che un puntino luminoso nel cielo che cominciava a schiarire e si macchiava di rosso.

P.V.

TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI